NON ERA UN POSTO DI BLOCCO. UN DOCUMENTARIO PER MASSIMO CASALNUOVO

Novembre 22, 2013 0 Di admin

Si può morire a 22 anni perché non ci si è fermati all’alt dei carabinieri? Purtroppo è quello che è accaduto a Massimo Casalnuovo, giovane di Buonabitacolo. La morte di Massimo è uno dei tanti casi di malapolizia che funestano il nostro paese, una delle tante, troppe, morti per una falsa idea di ordine pubblico. In un articolo di Popoff di qualche mese fa (fonte:http://popoff.globalist.it/Detail_News_Display?ID=80279&typeb=0&Caso-Casalnuovo-assolto-il-maresciallo) è raccontata questa triste storia. Massimo stava tornando a casa in motorino una sera d’agosto di due anni fa. Ad una curva poco distante da casa sua si trovava un appostamento di carabinieri. E’ verosimile che questo fosse poco visibile poiché non vi era alcun segnale che indicasse un posto di blocco. Secondo la versione dei carabinieri, Massimo avrebbe tentato di sfuggire al blocco e ciò avrebbe causato lo scivolamento del ciclomotore e la caduta in seguito al quale il ragazzo è deceduto. Ma data la natura improvvisata di questo blocco, che ne rendeva difficoltoso il riconoscimento, c’è da chiedersi come sia realmente caduto Massimo. Secondo alcuni testimoni, il giovane non si sarebbe accorto della presenza del blocco e non si sarebbe fermato per questo motivo. A fermarlo a tutti i costi ci avrebbe pensato il vicecomandante dei carabinieri Giovanni Cunsolo, il quale avrebbe sferrato un calcio al motorino di Massimo causando così la rovinosa caduta del ragazzo. Ad avallare quest’ipotesi è stato l’esame di un’impronta sul ciclomotore che risulta compatibile con una delle scarpe indossata dal vicecomandante (sotto la suola sono state riscontrate delle microtracce riconducibili al materiale del mezzo). Nonostante quest’importante prova il maresciallo Cunsolo è stato assolto, da un processo in cui era imputato per omicidio preterintenzionale e danneggiamenti, con formula dubitativa per insufficienza di prove.

Sul caso Casalnuovo è stato girato dal regista Dario Tepedino un documentario che si intitola “Mi chiamo Massimo e chiedo giustizia”. Il trailer di questo documentario sta partecipando al concorso Docunder30, rassegna ideata e organizzata dalla D. E. R., Documentaristi Emilia-Romagna. Per chiedere di voltarlo è stato creato sulla piattaforma di Facebook un evento: https://www.facebook.com/events/583896304980712/?ref_dashboard_filter=upcoming&source=1

Sulla pagina del proprio profilo, Osvaldo Casalnuovo, il papà di Massimo, ha invitato tutti a votare questo video, non per una questione di marketing ma per far conoscere la verità sull’intero accaduto.

Donatella Quattrone

FONTE: Total Free Magazine

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