NESSUN RESPONSABILE PER LA MORTE DI CASALNUOVO?

Novembre 15, 2013 0 Di admin

2013-11-15-massimocasalnuovo.jpgMassimo Casalnuovo ha ventidue anni quando, il 20 agosto del 2011, prende il motorino che ha appena riparato nell’officina in cui lavora con il padre e si appresta a tornare a casa. Non indossando il casco percorre la via principale del suo paese, Buonabitacolo in provincia di Salerno. Qualche giorno prima, un gruppo di cittadini residenti o con attività commerciali su quella via avevano presentato un esposto al sindaco, in cui si chiedeva di effettuare controlli sui motorini rumorosi e potenzialmente “modificati”.

Il sindaco passa l’incarico alla polizia municipale e al comando dei carabinieri e proprio due di questi ultimi si apprestano a effettuare dei controlli quel 20 agosto. I carabinieri con la macchina di servizio percorrono la strada principale di Buonabitacolo fino a che non scorgono due ragazzi in motorino senza casco. Mostrano la paletta, fanno cenno di accostarsi, e si fermano in uno spiazzo subito dopo una curva. Il controllo non è un posto di blocco ma viene definito “posto di controllo volante”.

Le luci lampeggianti di ordinanza non sono accese e la posizione della vettura, dietro una curva appunto, non consente la piena visibilità della stessa. Mentre uno dei due carabinieri è intento a redigere il verbale di sequestro del motorino, il secondo carabiniere si accorge dal rumore che un altro scooter sta arrivando. Il militare si posiziona in mezzo alla strada per fermare il mezzo in questione, che è guidato da Casalnuovo. Quest’ultimo uscendo dalla curva si trova davanti il carabiniere e – per evitare il posto di blocco o forse solo per evitare di investire l’uomo – lo schiva sulla sinistra, proseguendo la sua corsa. Il maresciallo intento alla verbalizzazione lascia i fogli che stava compilando e rincorre il ragazzo che, dopo pochi metri, casca dal motorino e va a sbattere con il petto su un muretto, perdendo la vita.

Da qui le versioni divergono. Il maresciallo dichiara che ha inseguito il ragazzo nell’intento di leggere da vicino la targa del mezzo e di essere stato quasi investito da Casalnuovo, che ha perso il controllo del motorino dopo essergli passato sul “collo del piede sinistro”. Uno dei testimoni della vicenda racconta un’altra versione: il maresciallo corre incontro al motorino di Casalnuovo e assesta un forte calcio al mezzo.

A seguito della morte del giovane si è celebrato un processo che ha visto imputato il maresciallo accusato di omicidio preterintenzionale per avere causato la morte di Casalnuovo. Il 5 luglio 2013 è stata emessa sentenza di assoluzione con formula dubitativa e alla fine di settembre sono state depositate le motivazioni. La lettura delle sessanta pagine scritte dal giudice è istruttiva del modo in cui spesso simili processi vengono condotti. I verbali degli interrogatori non sono completi, nel senso che non si trova traccia delle risposte e tantomeno delle domande ma solo il semplice riassunto delle dichiarazioni.

La circostanza relativa alla tipologia di blocco effettuata dai carabinieri rimane abbastanza fumosa: più volte nelle motivazioni viene citato un articolo dei procedimenti d’azione per i militari dell’Arma dei Carabinieri (ed. 2008) in cui si prescrive che l’alt di un veicolo deve essere imposto solamente dopo che l’altro sottoposto a controllo sia ripartito (prescrizione tassativa nel caso di posto di controllo costituito da due o tre militari).

Sembrerebbe quindi censurabile ai sensi di legge il blocco – quantomeno anomalo per posizione, assenza di segnalazione luminosa e fermo di due veicoli contemporaneamente – effettuato dai carabinieri ma il tutto viene giustificato dal fatto che la richiesta è partita dai cittadini. Per dirla con le parole del comandante dei carabinieri di sala Consilina: “Il mezzo che sopraggiungeva era rumoroso e con conducente privo di casco quindi in caso avessero omesso ulteriore verifica sarebbero sicuramente andati incontro a polemiche e rimostranze”. Come a dire, per non fare arrabbiare i cittadini e i ragazzi già fermati che l’avrebbero presa come un’ingiustizia, ai carabinieri è consentito di procedere al di fuori delle regole.

Ma il peggio deve ancora arrivare. Dei due fermati prima di Casalnuovo, solo uno è rivolto verso la strada mentre si svolge la scena. Quando Casalnuovo cade i due giovani vengono fatti andare a casa, salvo poi essere riconvocati sul luogo della tragedia. Il testimone oculare dichiara quanto segue: “Posso affermare con certezza che lo stesso [maresciallo] si spostava verso il centro della carreggiata e senza intimare il fermo (…) andava a urtare il ciclomotore con un colpo sferrato, dall’alto verso il basso con il piede sinistro”. Il giovane dichiara anche di aver udito distintamente il rumore della scocca di plastica che si rompeva. Ma la sua testimonianza viene ritenuta non credibile perché il padre del giovane, prima che quest’ultimo venisse portato via per essere interrogato, pronuncia le seguenti parole: “Mi raccomando racconta i fatti avvenuti, di’ che il maresciallo ha dato un calcio al motorino”. Questa frase appare più l’esortazione a non avere paura piuttosto che un modo di imbeccare una risposta, ma il giudice evidentemente non la pensa così.

Un’altra anomalia riguarda le dichiarazioni dei due militari. Il collega del maresciallo testimonia che quest’ultimo è caduto a seguito dell’urto con il motorino, mentre il diretto interessato dice solo che il mezzo gli è passato sul piede. Possibile che il maresciallo, arrivato in ospedale per farsi refertare ancor prima dell’arrivo in ambulanza di Casalnuovo, si sia dimenticato di riferire la sua caduta?

In ultimo, la questione del calcio. Il giudice, assolvendo il carabiniere, dice che non è stato possibile provare se quel colpo c’è stato. Dimenticando, evidentemente, di avere riportato nelle motivazioni un estratto del verbale della polizia stradale: “Le attività di rilievo sul ciclomotore hanno evidenziato un’abrasione, di probabile origine gommosa, sulla carenatura posteriore sinistra (…). In corrispondenza della predetta abrasione, al margine superiore, ovvero sul lato sinistro del sellino, si riscontrava, invece, una impronta di pulviscolo di colore chiaro. (…) si evidenzia uno sfondamento del rivestimento con andamento arcuato”.

La traccia gommosa, la “marcata impronta” e le dichiarazioni dei testimoni – continua la relazione della polizia stradale – sono elementi che inducono a “ricondurre detti segni a una eventuale orma verosimilmente lasciata dalla scarpa del maresciallo C.G.”.

C’è davvero ben poco da commentare. Aspettiamo, con vigile attenzione, l’appello a questa sentenza presentato dalla procura e dalle parti civili.

FONTE: Associazione ‘A buon diritto’

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