SENZA VERITÀ, NON C’È GIUSTIZIA!

Giugno 4, 2019 0 Di admin

MI CHIAMO MASSIMO E CHIEDO GIUSTIZIA

Ho avuto bisogno di un po’ di tempo per smaltire la rabbia prodotta da una sentenza inattesa e a dir poco scioccante. Voglio ringraziarvi di vero cuore per la vicinanza il conforto che avete avuto nei miei confronti e della mia famiglia. Vi voglio un mondo di bene!

Ricordo di aver sempre detto che avrei reso pubbliche le varie fasi del processo e oggi più che mai mi sento il dovere farlo, di mettere a conoscenza di tutti quello che è accaduto realmente presso il Corte d’Assise di Salerno. Voglio fare un po’ di chiarezza per tutti quelli che hanno potuto leggere solo il finale, che hanno avuto notizie, forse anche un po’ distorte, e prive dei dettagli più importanti. È necessario che sia io a farlo perché presente in quell’aula mantenuta a porte chiuse, ma sempre posta sotto fonoregistrazione di tutto ciò che è stato detto.

“ASSOLUZIONE CON FORMULA DUBITATIVA”, questa la sentenza di Salerno, come quella del GUP di Sala Consilina. Un’assoluzione che sancisce una destabilizzazione di tutte le prove che conducono all’unica verosimigliante e possibile verità. Perché nessun’altra verità è stata portata avanti né come credibile, né da nessuna delle prove emerse. L’unico appiglio è il dubbio che possa esistere un’altra possibilità, ma che per l’appunto non potrebbe essere spiegata con la conoscenza umana, e forse neppure con l’immaginazione. L’ipotesi portata avanti degli atti è una sola, limpida nonostante i vari tentativi di occultamento, udienza dopo udienza, rimasta in piedi senza contraddizioni. Rafforzata dal contraddittorio del Corte d’Assise di Potenza che ha ricercato a verità, che ha posto dei dubbi ma ha anche fatto in modo di risolverli per andare oltre ogni ragionevole dubbio, con la sentenza che ne era scaturita.

Ora ritorna quella sentenza di assoluzione, tornano dei dubbi che avrà avuto questa nuova Corte ma che non ha pensato un modo per superarli attestando la verità. La differenza è che questa volta, agli atti, c’è il riesame dei testi svolto a Potenza, che già una volta è stato in grado di superare ogni ragionevole dubbio. Su questo e su molto altro necessariamente, e in modo ineccepibile, si dovrà confrontare nelle motivazioni la Corte di Salerno.

Cercherò di ripercorrere ciò che è successo a Salerno.

DEPOSIZIONE DEL CONSULENTE

La prima operazione che ha svolto la Corte è stata quella di nominare un consulente che potesse fare nuove analisi sullo scooter di Massimo, che potessero apportare un contributo nel perseguire la verità. Questo, dopo averlo visionato, si presenta alla Corte asseverando l’impossibilità di svolgere nuove analisi in quanto:

  • lo scooter non era posto sotto sigilli, quindi non si può avere certezza che lo stato attuale sia privo di contaminazione rispetto a quello in cui è stato portato a Sala Consilina dopo l’analisi della Polizia Scientifica di Roma;
  • le analisi sarebbero state comunque irripetibili, come già ammesso dalla stessa consulente delle prime analisi a Roma, in quanto la parte interessata era già stata raschiata in precedenza.

Di fatti alla domanda del nostro legale al consulente: “quali strumenti ha utilizzato per le analisi”, lo stesso ha risposto “non ho potuto ripetere le analisi sulle tracce di gomma e sulle tracce di colore blu, né effettuare altre analisi a supporto del caso per i motivi già detti alla Corte…”.

Questo è il dato oggettivo dei fatti, il resto della dichiarazione lasciate dal consulente sono solo dichiarazioni soggettive che non possono avere alcuna valenza a livello processuale in quanto non supportate da analisi che possano affermare nuovi elementi o modificare i risultati pregressi. Sa la Corte riterrà di citare tale consulente per avvalorare dubbi, non potrà farlo tralasciando le motivazioni che porterebbero a superare i risultati emersi da chi ha fatto le analisi pregresse.

REQUISITORIA DEL PUBBLICO MINISTERO

A seguire vi è stata la requisitoria del Pubblico Ministero. Voglio sottolineare che, sebbene la Procura della Repubblica sia un organo impersonale e pertanto indipendente da chi lo rappresenta in aula, fu proprio l’organo rappresentativo di Salerno che, dopo la sentenza di Sala Consilina, si appellò contro l’assoluzione insieme all’appello del PM di Sala Consilina e al nostro. Ovviamente l’allora PM non è lo stesso che ha presieduto il processo a Salerno, né ha rappresentato quella stessa volontà.

Tenendo conto dunque che in questo processo la pubblica accusa è rappresentata dalla Procura della Repubblica, il PM in questione dovrebbe quantomeno perseguire la ricerca della verità durante la sua requisitoria. Invece ci ha lasciato basiti come abbia girato intorno a quella che è stata individuata come “la prova regina” per giungere alla condanna da parte della Corte di Potenza, senza degnarla di alcuna attenzione. Come se non bastasse non ha mai nominato lo sfondamento presente sulla scocca dello scooter, né ha esaminato gli elementi agli atti (motivando perché fossero da escludere). Ma si è limitata a definire il ciclomotore vecchio, assemblato con delle fascette di plastica, privo di polizza assicurativa, ha perfino asseverato di non conoscere la marca e che da questo scaturisse che lo scooter fosse scadente! Su quale base, esperienza o analisi un non esperto può asseverare cose del genere che non sono né riportate agli atti dalle analisi fatte, né ne ha dimostrato come questo possa essere legato con l’accaduto. Così, sebbene nella prima udienza avesse chiesto l’omicidio colposo, ha poi terminato la sua requisitoria di chiedendo l’assoluzione, senza alcuna motivazione se non la marca del motorino a lei sconosciuta.

Di tale PM eravamo già a conoscenza prima dell’inizio del processo, avendo letto il suo curriculum pubblico su internet. Tuttavia, non potete immaginare come mi sia sentito nell’ascoltare queste parole… è come se io dicessi che il Pubblico Ministero è avanti con l’età e siccome già interessata da un provvedimento disciplinare da parte della Corte Suprema della Magistratura (informazione pubblica) per questo non in grado di trattare il caso. Questo tipo di comportamento ci ha lasciato con l’amaro in bocca. È stato già evidenziato dai miei avvocati durante l’udienza (tant’è che, a un certo punto, il PM ha abbandonato l’aula) e ne chiederemo spiegazioni nelle sedi opportune.

REQUISITORIA DELLA PARTE CIVILE

Questo processo ha visto esaminare tutti i testimoni, le prove tecniche e scientifiche, la corte di Potenza in particolare, ha fatto tutto ciò senza tralasciare nessun dettaglio.

Su questo i miei legali hanno ripercorso punto per punto il processo, focalizzando l’attenzione sugli atti e sulle sentenze. Il tutto per giungere alla richiesta di conferma dell’imputazione emessa dalla Corte d’Appello di Potenza. Evidenziando come i punti della stessa sentenza che la Cassazione Penale di Roma ha richiesto di rafforzare siano già riportati negli atti.

Su alcuni punti mi soffermerò nel seguito, intanto ci tengo a ringraziarli pubblicamente per aver svolto il loro compito in maniera esemplare.

REQUISITORIA DEI DIFENSORI DELL’IMPUTATO

Si sa che gli avvocati devono svolgere il proprio compito per difendere il proprio assistito e, quindi non necessariamente devono rincorrere la verità. Tuttavia, per raggiungere il proprio obiettivo hanno preferito percorrere forse l’unica strada possibile, ossia quella di creare un dubbio nella verità. Ad oggi, fin dal primo grado, hanno cercato di formulare ipotesi, alterando la realtà anche contro prove effettuate da tecnici e dimensioni riportate da Agenti specializzati, cambiando versione quando le stesse sono state smontate da Giudici in quanto surreali. Non hanno prodotto nessun dato oggettivo che discolpi il proprio assistito ma solo supposizioni per creare quel dubbio. Questo tipo di comportamento è stato ampiamente sottolineato dai miei avvocati alla Corte che, inoltre, hanno voluto ricordare che il compito affidato ai Tribunali non è quello di ricercare i dubbi ma quello di perseguire sempre la verità, con tutti i mezzi disponibili, che sia di colpevolezza o innocenza, ma oltre ogni ragionevole dubbio da entrambi le parti. Affinché una giustizia sia giusta deve basarsi sulla verità e non può discolpare un imputato se le prove portano verso una ed una sola verità. Se così fosse allora non si potrebbe affermare che “La legge è uguale per tutti”, e l’intero sistema di giustizia sarebbe sbilanciato contro i crimini.

Non può un dubbio qualsiasi, pur inventato, far crollare la verità, anche quel dubbio deve essere in grado di rispondere ad ogni ragionevole verità. Se così fosse, lo stesso dubbio va motivato con un’altra verità che sia più forte di quella che porta alla condanna.

Prima di iniziare la requisitoria uno dei due avvocati si presenta alle Corte come un decano di quel tribunale avendo operato lì per oltre 60 anni. Che sia un grande avvocato non è in discussione, né dovrebbe essere di interesse alla Corte ai fini della valutazione, pertanto risulterebbe inutile metterlo in evidenza se non per cercare di dare un diverso peso alle proprie parole. Di fatti questo non può dare l’autorità ad un qualsiasi avvocato di introdurre un nuovo teste (!) mai comparso in nessun atto del processo né mai citato da nessuno che abbia fatto il suo intervento fino ad ora: un certo Caracciuolo, dipendente del Comune di Buonabitacolo (così citato in aula, e come ritroveremo nella trascrizione dell’udienza). Questo è un particolare che la Corte avrebbe dovuto bloccare sul nascere, invece di lasciar argomentare su qualcosa che può insinuare dubbi senza alcuna verifica.

ATTI PROCESSUALI

Vi cito solo alcuni passaggi che hanno completato il quadro, diventando determinanti per la Corte di Potenza nel superare ogni ragionevole dubbio ed emettere una sentenza di condanna.

1) POSTO DI CONTROLLO

Posto di controllo effettuato in modo confuso e irresponsabile senza rispettare quelle norme così ristrettive atte a garantire sicurezza e incolumità a persone e a cose. Così come prevede il dispositivo di sicurezza interno dell’Arma dei Carabinieri, come le norme di sicurezza di ogni lavoro, e chi viola tali regolamenti è soggetto a provvedimenti penali. Una sentenza di assoluzione significa anche che mettere in condizioni di pericolo chiunque attraversi la zona posta a controllo (perfino i pedoni) non è soggetto a conseguenze! Su questo la Corte di Salerno non potrà esimersi dall’esprimere il proprio giudizio se non vuole creare un precedente.

2) TESTIMONIANZA DEL CARABINIERE CHIRICHELLA

Durante l’interrogatorio presso il Corte d’Assise di Potenza il carabiniere Chirichella prima dichiara di aver visto passare la ruota del ciclomotore sul piede del suo collega poi, non potendo dare una spiegazione a come abbia fatto a vedere oltre lo scooter che si poneva tra lui e l’imputato, ha ritrattato dicendo che glielo aveva detto l’imputato (contraddicendo la sua stessa dichiarazione di non aver assolutamente parlato con l’imputato prima della testimonianza). Questo fatto è gravissimo non solo perché è un rappresentante della legge, che dovrebbe costituire un’aggravante, ma perché è un tentativo di occultamento della verità! Dunque, dovrebbe avere ripercussioni…

3) TESTIMONIANZA DEL CARABINIERE SAMMARTINO

È colui che ha redatto la relazione di servizio con quella frase che dice di aver sentito il padre di Marchesano Elia (testimone oculare) dire “Dici la verità e dici che ha dato il calcio”.  In precedenza, il padre era già stato sentito dai giudici e la sua dichiarazione è stata sempre la stessa ovvero: ho detto a mio figlio di dire la verità. La Corte più volte ha chiesto se avesse detto altro ma la frase che richiama il calcio non è mai stata menzionata. Dunque, quando i Giudici hanno fatto presente questo al carabiniere Sammartino, lo stesso ha dichiarate che così gli era stato detto di scrivere, desistendo dal nominare che avesse dato tale ordine e soprattutto perché avesse scritto in maiuscolo quella frase, invece di scrivere cose più importanti sullo stato dei fatti. Perché quella frase, scritta ma non sentita, doveva essere tanto importante da redigere un verbale solo per quello?

Dunque, questi elementi, insieme alle prove sia testimoniali e scientifiche, sono stati argomentati alla corte di Salerno dai legali e consulenti che mi rappresentano, con chiarezza per descrivere ciò che è accaduto.

Come è noto a tutti la Corte di Cassazione aveva chiesto di esaminare in modo più dettagliato la prova scientifica mantenendo intatto il processo tenutosi a Potenza. Annullando la sentenza per richiederne una motivazione più dettagliata che rafforzasse la stessa, necessaria per poter ribaltare la sentenza di Primo Grado. Questo era il compito e giudici Salernitani, ma gli stessi si sono spinti oltre fino ad annullare il processo fatto a Potenza e riportare la sentenza a quell’unica udienza svolta a Sala Consilina in cui si ammettevano i dubbi e si escludevano tutti gli atti. Questo non sta a me dire se sia giusto o sbagliato, ma pretendo che le motivazioni debbano tassativamente affrontare tutti gli atti processuali presenti nel fascicolo e darne risposta senza ombra di dubbio. Se ciò non avvenisse è chiaro che oltre ad appellarci nuovamente in Cassazione, richiederemo alla Corte Europea di aprire un’inchiesta sia sulle testimonianze dei due carabinieri (Chirichella e Sammartino) sia su eventuali mancanze che emergono dalla motivazione della Corte.

Concludo ringraziamo tutti voi per l’affetto dimostrato a me e alla mia famiglia e, aspettando le motivazioni, vi stringo in un forte abbraccio.

Massimo con noi ? per sempre ?

Osvaldo Casalnuovo

GUARDA IL DOCUMENTARIO: MI CHIAMO MASSIMO E CHIEDO GIUSTIZIA

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